giovedì 2 maggio 2013

No grazie, non mi serve niente! La chiusura come limite

No grazie, non mi serve niente”. Quante volte ripetiamo questa frase? Rispondendo al telefono, schivando qualcuno per strada con degli oggetti in mano, oppure accogliendo un venditore all'interno del centro estetico. Ma veramente “non ci serve niente”?


Probabilmente no, serve sempre qualcosa per migliorare, ma questa frase ci serve ad alzare un muro, categorico, NIENTE, ho già tutto, quindi qualsiasi cosa tu mi voglia proporre riceverà un NO, proprio perché sono sicuro di non aver bisogno di nulla. Tuttavia, se da un lato sul momento un atteggiamento di questo tipo possa evitarci un dialogo che non abbiamo voglia di sostenere, però ci priva di una potenziale opportunità. E se davvero quella persona invece aveva qualcosa di vantaggioso da propormi? E se la mia poca voglia di ascoltare mi avesse fatto perdere una buona opportunità per il mio lavoro? E se invece di questa opportunità si avvantaggiasse un concorrente? Il danno sarebbe doppio perché perdo io un'opportunità e la coglie un mio concorrente più attento ai cambiamenti del mercato.


Un altro atteggiamento limitante, che a dire il vero ho riscontrato nelle estetiste più mature che hanno alle spalle una lunga vita professionale è questo: "io uso già il meglio, la migliore azienda, le migliori tecniche, il miglior approccio con la cliente". Poi magari in realtà i prodotti utilizzati sono di un'azienda che ERA la migliore 20 anni fa, magari in realtà l'approccio alla clientela ERA il migliore possibile ed oggi è obsoleto. In questo caso la chiusura si manifesta con il non cogliere il mutare dei tempi e del mercato, che è cambiato come è cambiata la maniera di comunicare, e questo atteggiamento non permette di restare al passo con lo scenario che muta.

Modelli a confronto...chi venderà di più?
Oppure un'altra obiezione che chi lavora nel commerciale come me sente molto spesso è: "io uso già dei prodotti e mi trovo bene". Perfetto. Partiamo dal presupposto che se un centro estetico è aperto, per forza di cose dovrà avere dei prodotti. Aggiungiamo che con quei prodotti l'estetista si trova bene. Anche perchè, in caso contrario, non li utilizzerebbe. Il punto sul quale vale la pena riflettere è: se io ritengo di utilizzare dei prodotti buoni, non è detto che non ne possa utilizzare degli altri migliori, e magari anche molto migliori. E se io sono abituato ad utilizzare un'azienda, non vuol dire che io non possa trovarne una che mi supporta meglio e che magari mi mette in condizione di lavorare meglio. In questo caso l'ostacolo sono solo le vecchie abitudini, la fatica di pensare il cambiamento. Ma questo immobilismo in un periodo come quello che viviamo potrebbe avere un prezzo piuttosto alto. Scegliere oggi una strada piuttosto che un'altra è necessario, e non sono ammessi errori in quanto le risorse da investire sono più limitate rispetto al passato. Quindi il consiglio è apertura a chi propone: progetti solidi (non aziende che nascono e, purtroppo, spariscono), progetti chiari, esperienza e know how d'eccellenza (oggi molto meglio se internazionale), formazione a 360 gradi (sia tecnica sia di gestione aziendale e comunicazione) e sopratutto, supporto commerciale e marketing all'avanguardia dentro e fuori dal centro (web per primo, accessori, divise, biancheria, cartellonistica, radio personalizzata, insegne etc). Se avete già tutto questo, siete sulla strada giusta. Se invece no, niente paura, state solo in campana (su questo blog approfondiremo nei prossimi post) e se qualche vecchia abitudine se ne va, la saluteremo volentieri se ciò vuol dire miglioramento professionale.

In questo periodo, particolarmente impegnativo, poi il rifiuto serve a chiudersi ancora di più all'interno del centro, con i problemi, ragionando sulla crisi e cercando soluzioni. Una barzelletta conosciuta in varie versioni fa al caso nostro:
L'Arcangelo Gabriele va da un gesuita e gli dice: "Dio ha deciso di mandare un altro diluvio universale ma siccome tu sei un brav'uomo in fondo, se preghi ti risparmierà la vita!" E infatti, di lì a poco, inizia una pioggia torrenziale. Il gesuita inizia a pregare e quando l'acqua gli arriva ormai alla cintura, passa un canotto con dei suoi amici che gli dicono:"Padre che fai lì, sali!"E lui sempre pregando, forte della sua fede e della sua ragione: "Dio ha detto che mi salverò".Continua a piovere e l'acqua ha ormai raggiunto il torace del gesuita. passa un altro canotto ma lui rifiuta l'aiuto dicendo che Dio gli aveva promesso di salvarlo.Continua a piovere e quando l'acqua lambisce ormai la bocca del gesuita; passa un terzo canotto, ma lui non sale e così muore.Va in paradiso e tutto risentito dice a Pietro: "Ma come, Gabriele mi aveva assicurato che mi sarei salvato. Che storia è questa?"Pietro con molta calma guarda in un registro e poi dice: "Ma padre, non ha visto i tre canotti che le abbiamo mandato?"

Esistono delle soluzioni per uscire dalla crisi ed avviare un circolo virtuoso. Proveremo ad esplorarne alcune prossimamente. C'è solo una strada che porta sicuramente ad affogare. Restare sordi alle opportunità che esistono e che ci vengono proposte. 


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